CONVEGNO DEL 06/04/2019 DAL TITOLO: “Il Bullismo non insegna, SEGNA”.

Intervento del relatore Avv. Giovanni Frasca

In data 06.04.2019 si è svolto a Vittoria (Rg) presso il Castello Enriquez il convegno dal titolo: “Il Bullismo non insegna, SEGNA”, cui ho partecipato nella qualità di relatore con un intervento qui di seguito riportato:

Il tema del bullismo è stato oggetto della decisione n. 1351/2008/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16.12.2008, cui sono seguite diverse direttive. Per quel che concerne l’Italia, a partire dal 2012, lo Stato italiano attraverso il MIUR ha aderito al programma pluriennale “safer internet”, con l’istituzione del “Safer Internet Center” (SIC), quale componente della rete “Better Internet for Kids” presente in tutta Europa e coordinata da Insafe e Inhope.

Negli ultimi anni sempre di più, il Legislatore italiano dovendo far fronte ad esigenze mediatiche ed elettorali, a seguito di episodi che balzano agli onori delle cronache, è intervenuto introducendo nel codice penale di “nuovi” reati, che però di fatto sono per lo più però delle mere duplicazioni di condotte già presenti e sanzionate dall’ordinamento.

Nel caso di specie tutti gli aspetti legati al bullismo e al cyberbullismo sono già presenti nel nostro codice penale (- art. 594 Ingiuria, – art. 595 diffamazione, – art. 612 minaccia, – art. 612 bis atti persecutoti, – art. 615 bis Interferenze illecite nella vita privata, – art. 660 molestie, – art. 494 sostituzione di persona, – art. 580 Istigazione o aiuto al suicidio, – art. 600 ter pornografia minorile, – art. 600 quater detenzione materiale pedopornografico, – art. 629 estorsione, – art. 640 truffa, – art. 581 percosse, – art. 582 lesioni, e – art. 617 cod. privacy Trattamento illecito dei dati), per cui con il chiaro intento non di risolvere un problema già sorto, ma con quello di prevenire il problema stesso, la L. n. 71 del 29.05.2017 affronta il fenomeno del bullismo cibernetico ricorrendo a strumenti diversi dal diritto penale.

La citata L. 71/2017 all’art. 1, comma 1, espressamente stabilisce: “La presente legge si pone l’obiettivo di contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione di eta’ nell’ambito delle istituzioni scolastiche.”.

Per il resto la citata legge stabilisce:

  • all’art. 1, comma 2: la definizione di cyberbullismo ricomprendendo di fatto tutte le fattispecie elencate sopra e già presenti nel codice penale;
  • all’art. 2: istituisce la possibilità per il minore ultraquattordicenne, per il singolo genitore o per l’esercente la responsabilità genitoriale, di proporre istanza al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media per oscurare, rimuovere o bloccare il contenuto vietato; prevedendo altresì i tempi entro i quali tali azioni devono essere compiuti;
  • all’art. 3: istituisce il tavolo tecnico che si occupa del fenomeno;
  • all’art. 4: istituisce tutta una serie di interventi nelle scuole, tra cui il docente responsabile del trattamento di tali fenomeni;
  • all’art. 5: istituisce l’obbligo per il dirigente scolastico di informare tempestivamente i genitori degli alunni coinvolti in fenomeni di cyberbullismo (salvo che il fatto costituisca reato);
  • all’art. 6: stabilisce che la Polizia postale rediga una relazione annuale sull’andamento del fenomeno;
  • all’art. 7: prevede la possibilità per chi subisce atti di bullismo e non ha ancora sporto querela, di poter fare istanza al Questore per l’ammonimento del soggetto che li ha posti in essere (come per gli atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p.).

Da un punto di vista civilistico, invece, il danno risarcibile in conseguenza di atti di bullismo e cyberbullismo va inquadrato nell’ambito dell’illecito extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., con quantificazione per lo più in forma equitativa. Tale tipo di risarcimento del danno soffre la difficoltà dell’onere della prova a carico del soggetto che richiede il risarcimento di dimostrare sia il danno in sé sia il collegamento tra lo stesso e l’azione di bullismo subita.

A ciò va aggiunto che nel caso di atti di bullismo posti in essere da soggetti minorenni, nel conseguente giudizio potranno essere coinvolti anche i genitori (oltre che nella qualità di esercenti la responsabilità genitoriali) per culpa in educando e se commessi durante le ore scolastiche, anche la scuola per  culpa in vigilando, salvo che questi soggetti provino (onere della prova a carico loro) di non aver potuto impedire il fatto ex art. 2047 e 2048 c.c. (dimostrare la corretta educazione o l’efficienza dei sistemi di vigilanza, ecc.).

In fine si segnalano alcune sentenze sul tema:

  • Cass. Pen. sez. II – 30/09/2010, n. 36659: “Il carcere preventivo per i minori accusati a scuola di atti di bullismo deve essere considerata come l’estrema ratio. Pertanto, il giudice deve valutare la possibilità di adottare altre misure cautelari meno “afflittive”: come ad esempio gli arresti domiciliari o l’obbligo di dimora nel Comune di residenza oppure il divieto di frequentare le lezioni e di avvicinarsi all’istituto scolastico.”;
  • Cass. Pen. sez. V – 27/04/2017, n. 28623. È configurabile il reato di stalking in caso di bullismo. Ad affermarlo è la Cassazione che per la prima volta applica l’art. 612 bis c.p. in ambito scolastico confermando le condanne inflitte a quattro ragazzi che, all’epoca dei fatti minorenni studenti di un istituto tecnico, avevano preso di mira, per due anni, un compagno di scuola, picchiandolo e insultandolo, a turno, fino a indurlo, dopo essere finito in ospedale, a lasciare la scuola per trasferirsi in Piemonte. Per la Corte, la deposizione della sola persona offesa è valsa come prova in quanto giudicata attendibile, anche alla luce del contesto di indifferenza degli altri compagni di classe e degli insegnanti che non si erano accorti di nulla;
  • T.A.R. sez. IV – Napoli, 08/11/2018, n. 6508: “È legittima l’attribuzione, da parte del Consiglio di Classe, di un voto negativo in condotta ad una alunna che su un gruppo “whats-app” abbia usato espressioni ingiuriose e offensive nei confronti di una compagna, a nulla rilevando che tale condotta sia stata tenuta al di fuori dell’orario scolastico e su un mezzo non ufficiale.”;
  • Corte appello sez. III – Palermo, 16/02/2011: “Ha commesso il reato di abuso dei mezzi di correzione con esito i lesioni personali, di cui all’art. 571 comma 2 c.p., assorbito in esso il reato di cui all’art. 582 dello stesso codice, l’insegnante di una scuola media di Stato, che per punire, emendare ed educare un alunno della propria classe da lei ritenuto colpevole di “bullismo” ha imposto a quest’ultimo – nell’asserito interesse di lui e dell’intera classe – di scrivere 100 volte in un quaderno la frase “Io sono un deficiente” (nella specie, al soggetto passivo del presunto “bullismo”, di sesso maschile, era stato impedito, a suo dire, di accedere al bagno dei maschi affermando che il soggetto passivo era “gay” e “femminuccia”)”;
  • Tribunale sez. I – Palermo, 19/10/2016: Nella sede di un Liceo scientifico statale sito in Palermo uno studente, recatosi alla cattedra per avere dall’insegnante chiarimenti sulla valutazione di un suo compito, stava tornando al proprio banco quando inciampava sullo zaino di un suo compagno di aula. Senza che nulla di nuovo o di irregolare fosse avvenuto, l’insegnante cominciava ad inveire contro lo studente inciampato, alla presenza dei suoi compagni di classe, in termini gravemente offensivi, esclamando testualmente “sei uno stronzo, sei un coglione; cretino, ti senti un cazzo e mezzo, sei un rompicoglioni, non sei adatto a questa società”. I genitori del ragazzo inciampato e tanto illecitamente appellato dall’insegnante sporgevano denuncia dei fatti tutti accaduti nelle mani del Ministero dell’Istruzione, dell’Ufficio scolastico regionale e della Preside del Liceo scientifico. Le visite ispettive disposte dal Ministero acclaravano la veridicità dei fatti tutti accaduti e denunciati. I genitori del ragazzo inciampato e gravemente ingiuriato provvedevano a trasferire il figlio nell’unico Istituto paritario disposto, in Palermo, ad accogliere, ad anno scolastico avanzato, lo studente villaneggiato dall’insegnante, trasferimento costato ad essi, per il passato e per il futuro, non lievi spese e difficoltà di vario genere anche per l’avvenire, chiedendo il rimborso di tali spese e sostenendo, altresì, che il figlio aveva subìto un danno morale risarcibile. Il Ministero dell’Istruzione, che aveva peraltro adottato misure disciplinari a carico dell’insegnante, riduceva l’ammontare delle spese tutte reclamate dai genitori, pur se le domande avanzate dai ricorrenti devono ritenersi parzialmente fondate. Accogliendo anche parzialmente le domande dei ricorrendi, il giudice ha disposto la compensazione integrale delle spese della causa, nonché la riduzione delle spese dovute dal Ministero ai ricorrenti per l’indennizzo per i danni non patrimoniali subìti, affidandosi al c.d. criterio equitativo.
  • Cass. Civ. sez. III – 25/09/2014, n. 20192: “In tema di illecito extracontrattuale plurisoggettivo, qualora il fatto illecito fonte di danno si articoli in una pluralità di azioni od omissioni poste in essere da più soggetti, il giudice di merito è tenuto a verificare e a dar conto in motivazione, ai fini della coerenza e completezza di essa, se si tratti di diversi segmenti di una unica catena causale, culminata in un danno unitariamente apprezzabile, o se in realtà si tratti di episodi autonomi, da tenere distinti anche sotto il profilo causale, che hanno provocato fatti dannosi diversi dei quali solo il partecipante a ciascun episodio può essere ritenuto responsabile.
  • Tribunale – Savona, 22/01/2018, n. 79: “Anche i genitori rispondono, ex art. 2048 c.c., della calunnia del figlio che abbia denunciato ingiustamente atti di bullismo. La fattispecie di cui all’art. 2048 c.c. ha natura di responsabilità diretta per fatto proprio colpevole consistente nel non avere, con idoneo comportamento, impedito il fatto dannoso. Essa è fondata su di una duplice presunzione di colpa di natura specifica (cd culpa in vigilando e culpa in educando), la quale non consiste tanto nel non aver impedito il verificarsi del fatto ma in una condotta anteriore alla commissione dell’illecito, consistente nella violazione dei doveri inderogabili posti a carico dei genitori dall’art. 147 c.c. (obbligo di istruire, mantenere ed educare la prole) a mezzo di una costante opera educativa, finalizzata a correggere comportamenti non corretti ed a realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione della propria ed altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito. Va dunque dichiarata la responsabilità dei genitori del minore che abbia accusato ingiustamente di bullismo un ragazzo di poco più grande.

Avv. Giovanni Frasca

frasca@fidelioguastella.it

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