La recente Sentenza n. 5657 del 26.02.2019 ha ripreso il tema del decreto ingiuntivo nello specifico caso in cui esso costituisca titolo inoppugnabile per l’ammissione al passivo del fallimento.

Nelle pagine di questo sito, sempre in tema di ammissione al passivo del fallimento, ci eravamo già occupati della differenza tra dichiarazione di definitiva esecutorietà ex art. 647 c.p.c. e ingiunzione di pagamento canoni ex art. ex art. 664 c.p.c. sempre al fine dell’ammissione al passivo del fallimento, mentre nel caso di specie, prendendo spunto dalla superiore citata sentenza, ci occuperemo del decreto ingiuntivo opposto dalla debitrice in bonis il cui giudizio di opposizione si estingue (prima della dichiarazione di fallimento), per esempio per la mancata comparizione all’udienza delle parti.

Gli articoli di riferimento sono:

Art. 653, primo comma, c.p.c.: “Se l’opposizione è rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, oppure è dichiarata con ordinanza l’estinzione del processo, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva. […]”

Art. 308, primo comma, c.p.c.: “L’ordinanza che dichiara l’estinzione è comunicata a cura del cancelliere se è pronunciata fuori dall’udienza. Contro di essa è ammesso reclamo nei modi di cui all’articolo 178, commi terzo, quarto e quinto.

Art. 178, terzo comma, c.p.c.: “Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla pronuncia dell’ordinanza se avvenuta in udienza, o altrimenti decorrente dalla comunicazione dell’ordinanza medesima.”

Partendo dalla lettura in combinato disposto dei suddetti articoli, appare evidente e prevedibile l’orientamento consolidato della Suprema Corte sul tema che, come detto, in ultimo è stato ribadito con la citata Sentenza n. 5657/2019 nella quale il caso di specie trattato riguardava un D.I. opposto prima della riforma del 2008 degli art. 307 e 181 c.p.c., ma che diventa interessante perchè nella parte motiva vengono ripresi e sintetizzati tutti i principi via via elaborati con le precedenti pronunce e nello specifico: 

2.1. Anche questa censura è infondata, poichè, trattandosi di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo iniziato prima del 25 giugno 2008, ad esso non risultano applicabili l’art. 181 c.p.c., comma 1 e art. 307 c.p.c., comma 4, come modificati – rispettivamente dal D.L. n. 112 del 2008, convertito dalla L. n. 133 del 2008 (applicabile appunto ai giudizi instaurati successivamente a quella data) e dalla L. n. 69 del 2009 (applicabile ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009), con la conseguenza che l’estinzione non poteva operare d’ufficio, ma era necessaria la relativa pronunzia con apposita ordinanza; nè risulta dagli atti che l’opponente avesse fatto istanza di esecutorietà ex art. 654 c.p.c., comma 1, sicchè il titolo azionato in sede di verifica era semplicemente un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c., come tale effettivamente inopponibile al fallimento.

2.2. Tale conclusione è conforme ai principi elaborati in materia da questa Corte, la quale in particolare ha affermato che: 1) “qualora l’estinzione del processo di opposizione avverso il decreto ingiuntivo, ancorchè verificatasi ope legis, non possa essere dichiarata con ordinanza resa a norma dell’art. 653 c.p.c., comma 1, come si verifica nell’ipotesi di cancellazione dal ruolo della relativa causa e di estinzione per mancata riassunzione nel termine perentorio di un anno, alla parte che ha richiesto ed ottenuto il provvedimento monitorio deve riconoscersi la facoltà di far valere la suddetta estinzione mediante istanza di declaratoria di esecutorietà dell’ingiunzione, rivolta, ai sensi dell’art. 654 c.p.c., comma 1, allo stesso giudice che ha emesso l’ingiunzione” (Sez. 3, 23/05/1986 n. 3465); 2) “il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato sostanziale, idoneo a costituire titolo inoppugnabile per l’ammissione al passivo, solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la ritualità della notificazione, lo dichiari, in mancanza di opposizione o di costituzione dell’opponente, esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c., laddove, in caso di opposizione, come si evince dal coordinato disposto degli artt. 653 e 308 c.p.c., basta che il relativo giudizio si sia estinto e che, al momento della sentenza di fallimento, sia decorso il termine di dieci giorni per proporre reclamo avverso l’ordinanza di estinzione” (Sez. 6-1, 29/02/2016 n. 3987); 3) “il decreto ingiuntivo che sia stato opposto dal debitore poi fallito è opponibile alla massa fallimentare, a condizione che sia stata pronunciata sentenza di rigetto dell’opposizione ovvero ordinanza di estinzione, divenute non più impugnabili – per decorso del relativo termine – prima della dichiarazione di fallimento, restando irrilevante che con i detti provvedimenti sia stata dichiarata l’esecutorietà del decreto monitorio, ex art. 653 c.p.c., ovvero sia stato pronunciato, prima dell’apertura del concorso tra i creditori, il decreto di esecutività di cui all’art. 654 c.p.c.” (Sez. 1, 20/04/2018 n. 9933).

Per tutto quanto sopra, al fine dell’ammissione al passivo del fallimento, nel caso in cui il titolo sia costituito da un decreto ingiuntivo opposto, bisogna sperare che l’eventuale ordinanza di estinzione sia pronunciata (ed eventualmente comunicata alle parti se pronunciata fuori udienza) almeno dieci giorni prima della dichiarazione di fallimento della debitrice e che non sia stato proposto reclamo avverso la stessa. Il tutto a vantaggio quindi (considerando i tempi dei giudizi e i termini stabiliti dal codice) di chi propone una opposizione a d.i. del tutto infondata. Dura lex sed lex.

Avv. Giovanni Frasca

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