Uno dei tanti problemi che in questo periodo di pandemia dovuta al così detto “Corona Virus” ha colpito le famiglie è quello dei contratti di locazione degli studenti universitari fuori sede. 

Non essendoci stati interventi normativi in tal senso nei vari provvedimenti legati all’emergenza sanitaria in atto, non si può far altro che applicare le norme specifiche della locazione e, più che altro, gli articoli del codice civile che si occupano dei contratti in generale e nello specifico gli artt. 1218, 1256, 1463 e 1464. 

Nel caso di specie, a parere dello scrivente, chi ha in locazione un immobile a uso abitativo per motivi transitori di lavoro o studio, non può continuare a detenerlo senza pagarne i canoni di locazione, ma può scegliere di intraprendere due strade alternative: 

1. Concordare con il locatore una riduzione del canone di locazione per tutto il periodo di blocco degli spostamenti e delle università; 

2. Comunicare al locatore la risoluzione/recesso dal contratto. 

Nel primo caso, scelta di solito conveniente per entrambe le parti, il locatore, da un lato, continuerebbe a percepire comunque dei canoni (seppur in forma ridotta per esempio al 50%) senza il problema di dover trovare nuovi conduttori in questo particolare periodo e, dall’altro lato, il conduttore pagherebbe dei canoni ridotti e alla ripresa delle attività avrebbe ancora la disponibilità dell’immobile.  

Nel secondo caso invece, la conseguenza alla risoluzione/recesso è quella dell’immediato rilascio dell’immobile, cosa che tuttavia nell’attuale difficoltà di provvedere allo sgombero, potrebbe comportare la responsabilità di eventuale ritardo per il rilascio e, quindi, l’eventuale pagamento di indennità di occupazione o risarcimento del danno. 

Avv. Giovanni Frasca

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